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In parole povere

Pubblicato: luglio 12, 2013 in Racconti
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didieargo

«Se c’è una cosa che non riesco a capire e a giustificare è questa smania forzata di conoscenza, di andare oltre, che abbiamo noi esseri umani» disse Danilo Merenda, mentre teneva banco in attesa del suo turno dal barbiere.

«Quello che ci hanno insegnato a scuola andava bene per vivere, alla grande. È vero o no?»

«Verissimo», si affrettò a rispondere Giulio Maldi, annuendo vigorosamente con il capo mentre il barbiere gli stava rifinendo una basetta, procurandosi così un taglio all’orecchio. «Non c’è problema» disse Giulio Maldi. Era titolare di un negozio di formaggi nel centro città, e si preoccupava di non dare mai torto a nessuno per paura di perdere potenziali clienti.

Danilo Merenda continuò «Avete letto l’ultimo libro di Giorgio Grungo?»

Nel negozio si levò un coro di “No!”. Giorgio Grungo era uno scrittore che vendeva più o meno trenta copie di ogni libro che si autoproduceva e stampava, secondo Danilo Merenda era un genio assoluto degno del nobel per la letteratura.

«Ma lo conoscete, spero!»

Tutti tacquero imbarazzati, ognuno riflettendo sulle proprie lacune in campo letterario. Solo Giulio Maldi, che pure non aveva mai sentito nominare lo scrittore, non perse occasione di dire «Certamente!», per dare un po’ di soddisfazione al Merenda. Così facendo annuì di nuovo in modo esagerato, facendosi rasare a zero una parte dei capelli dal barbiere, che in quel momento gli stava aggiustando il retro del collo.

«Ma stia fermo!» esclamò quest’ultimo.

«Oh mi scusi»

«Adesso cosa facciamo?», chiese il barbiere. «Credo resti solo il taglio da moicano, per aggiustare questa situazione»

«Ottimo, facciamolo», disse Giulio Maldi, felice che la discussione si fosse spostata sui suoi capelli, evitandogli così domande imbarazzanti sulla bibliografia di Giorgio Grungo.

Non aveva idea di cosa fosse il taglio da moicano.

«Ad ogni modo», proseguì Danilo Merenda «il libro parla di un paese in cui gli abitanti fanno tutti o il contadino o l’allevatore. Sono tutti felici per millenni, scambiandosi gli ortaggi con le carni e i formaggi, tutti sono ben nutriti e hanno figli che crescono sani e robusti. Finchè un giorno un ragazzo decide che vuole fare l’imbianchino, perchè le case sono tutte di legno scuro e lui vuole renderle più colorate. Va in città e compera la pittura bianca. Il primo lavoro gli viene commissionato da un allevatore che ha la casa esattamente in mezzo al paese, e lui la dipinge tutta di bianco, compreso il tetto. Sfortuna vuole che dopo un giorno passi di lì un caccia alieno di addestramento il cui pilota scambia il paese scuro con la casa bianca in mezzo per uno dei bersagli su cui si doveva allenare e gli spara contro una bomba nucleare. Addio paese!»

Danilo Merenda si fermò, guardò tutti negli occhi uno per uno, e chiese «Bene signori, qual è la morale?»

Un signore grasso disse «Io ho sentito dire che ci sono delle cliniche dove fanno lo sbiancamento anale. Ci sono vicino? Ho indovinato?»

Lasciamo stare temporaneamente questi signori e cerchiamo di capire cosa stava succedendo: riporterò parte di un discorso fatto con Andrea Forni, del comitato nazionale anti traduzione (CNAT). Si lamentava dell’hybris umana, con i suoi toni paventava la fine del mondo ormai prossima. Il problema era che alcuni ricercatori dell’Università di Pavia pareva avessero inventato una macchinetta che, applicata sul collare di un cane, lo rendeva in grado di conversare con gli uomini, traducendo il suo abbaiare in parole e rendendo a lui comprensibile il linguaggio umano. Il lancio sul mercato era previsto per il lunedì successivo. Naturalmente questa notizia aveva scatenato ogni genere di reazione in tutto il mondo. Per esempio c’era chi si domandava se, acquisita la parola, i cani dovessero anche avere diritto al voto, o a essere candidati alle elezioni. In certi ambienti di destra correva voce che i comunisti volessero far parlare i cani per accaparrarsi così le loro preferenze elettorali.

Andrea Forni diceva «Siamo andati troppo in là. Ma le leggete le notizie? C’è quel pazzo che vuole creare addirittura Tele Cane, un canale digitale con trasmissioni condotte da cani e con in sala pubblico a quattro zampe. Poi diamogli anche le armi, già che ci siamo. È tutta colpa degli americani, date retta a me». Se qualcuno gli faceva notare che la scoperta era tutta di marca italiana si irritava, diceva «Sì, e gli asini volano».

Il sindaco di Pavia, l’avvocato Maltagliati, gongolava. Aveva pagato un’agenzia giapponese per organizzare l’evento di presentazione ufficiale, stavano trasformando piazza della Vittoria in un enorme giardino zen con terra e alberi portati direttamente dalle campagne di Hokkaido. Per raccogliere i fondi il sindaco aveva aumentato del trecento per cento gli ausiliari del traffico, che ora giravano in branchi di quindici o venti, appioppando multe come se non ci fosse un domani. Aveva ricevuto offerte dalle maggiori televisioni del globo per trasmettere l’evento in mondovisione ma aveva deciso di dare l’esclusiva a Rete Pavia Sud, un’emittente locale di sua proprietà. Ogni città era tappezzata di pubblicità: “Vocal-dog, e il cane sarà davvero il migliore amico dell’uomo”, diceva lo slogan. Vocal-dog era il nome del portentoso aggeggio. Se il fatto che fosse il sindaco a decidere su questi argomenti vi sembra che non abbia senso, ricordate che state leggendo un racconto su una macchina che fa parlare i cani, e che comunque decido io quindi faccio come mi pare.

L’assistente del sindaco, la signora De Luca, si trovava in una situazione assai scomoda. Non solo doveva tenere le fila dell’organizzazione di tutta la manifestazione, ma aveva una situazione spinosa da affrontare in famiglia. Tutto aveva avuto origine un paio d’anni prima, quando era inciampata sulle scale, un giorno, tornando a casa con molte borse cariche di acquisti. Nel tentativo di salvare la spesa era finita con la faccia contro la maniglia di una porta e le erano saltati due denti. Il dentista le aveva detto che sarebbero stati necessari due impianti. L’impianto è una vite in titanio che serve a sorreggere una capsula, che non è altro che un dente finto. Una soluzione di grande affidabilità, ma dal costo spropositato. La signora De Luca aveva pensato bene di cercare di ridurre i costi dell’operazione concedendo le sue grazie al dentista, che era uno scapolo incallito noto per essere un mezzo maniaco sessuale. Per una curiosa coincidenza il dentista era il signore grasso che dal barbiere parlava con Danilo Merenda di libri e sbiancamenti anali. La signora De Luca aveva approfittato del fatto che il marito fosse spesso via di casa per lavoro per intere settimane, e aveva quindi copulato allegramente con il dentista in salotto davanti a Tobia, il Beagle del signor De Luca. Il fatto che il nome di questa razza di cani in italiano si pronunci bigol non deve farvi pensare a stupidi doppi sensi, se succede sappiate che è umorismo triviale. La signora De Luca aveva ricevuto uno sconto eccezionale, e ancor peggio l’esperienza le era piaciuta parecchio, per cui Tobia si era visto entrare in casa, nei mesi successivi, avvocati, idraulici, elettricisti, giardinieri, commessi viaggiatori, pittori, imbianchini, estetiste e persino Giulio Maldi. Quest’ultimo si era anche affezionato a Tobia e gli portava sempre un bel pezzettone di gorgonzola per distrarlo mentre lui copulava con la signora. Bisogna ammettere che il sistema era piuttosto efficace. Altri “visitatori” erano stati meno furbi e fortunati: un imbianchino era stato anche morso a una chiappa e aveva dovuto essere medicato.

Ne aveva da raccontare il piccolo Tobia!

Nei giorni precedenti la grande cerimonia la signora De Luca, che di nome faceva Alessia, era preoccupatissima e intenta a studiare un sistema per salvare il proprio matrimonio.

Di uccidere Tobia per metterlo per sempre a tacere, non se ne parlava nemmeno. Alessia non era certo un’assassina. Aveva pensato di accannarlo sull’autostrada, ma non le era parsa una grande idea. Tanto più che con l’avvento del maledetto Vocal-dog il buon Tobia avrebbe potuto chiedere informazioni per tornare a casa e forse anche denunciarla per abbandono. Si trovava in una situazione disperata. Mercoledì sera fu invitata a cena da un’ex collega, Alda. Si trattava di una cena tra donne, tutte ex colleghe che avevano lavorato in un ufficio di una fabbrica di maglieria. Alessia si era presentata in anticipo perchè il signor De Luca come al solito era via per lavoro, e lei non riusciva a stare in casa un minuto di più, continuava a girare a vuoto tra una stanza e l’altra senza fare niente, continuava a pensare a come avrebbe potuto risolvere la situazione. E mancavano solo cinque giorni alla presentazione in mondovisione del Vocal-dog!

Alda era zitella, non usciva molto spesso, anzi quasi mai. Trascorreva le serate davanti al televisore, lavorando a maglia. A tavola iniziò a lamentarsi delle ultime edizioni del festival di Sanremo.

«Non mi piace più, ci sono troppi ospiti stranieri», disse.

Gianna, una biondina secca secca disse «A me piaceva quando lo presentava Pippo Baudo»

Alessia chiese «Chi ha vinto quest’anno?»

Gianna disse «Mengoni. È tanto un bel ragazzo!»

«Io preferisco Al Bano» disse Matilde, una donnona di origini pugliesi.

Alessia disse «Io mi sono stufata di guardare la televisione, comunque. Fanno sempre vedere quei film dove c’è troppa violenza. Preferisco leggere un bel libro»

Alda disse «Io ne ho appena finito uno molto bello. È di Giorgio Grungo. Lo conoscete?»

Ovviamente nessuna di loro lo conosceva.

«È un saggio, un manuale con tanti cenni storici, molto interessante», continuò.

«Parla della memoria. Suggerisce anche alcuni sistemi su come cancellare eventi dalla memoria. Per esempio, se volete cancellare il ricordo di una brutta figura dovete preparare una bevanda con degli ingredienti che adesso non mi ricordo più e insieme va tritato un pezzettino di stoffa, preso da un indumento della persona con cui avete fatto la figuraccia. Ma lo sapevate che Napoleone non si ricordava mai il nome del suo cavallo? Doveva sempre chiederlo a uno dei suoi generali»

«Pazzesco», disse Gianna.

«Insomma, io ho provato a dimenticare una cosa, facendo una di queste bevande», proseguì Alda.

«Cosa volevi dimenticare?» chiese Matilde.

«Non lo so, non mi ricordo» rispose Alda.

«Ma allora funziona! Me lo presti?» esclamò Alessia, esaltatissima, mentre già si vedeva impegnata a preparare beveroni per il cane Tobia.

In realtà il ricordo di Alda era stato cancellato dall’arteriosclerosi. Nessuna delle ricette di quel libro funzionava, infatti Giorgio Grungo le aveva inventate a casaccio. Aveva un paio di mesi di arretrato dell’affitto da pagare, quindi nel tentativo di vendere qualcosa in più del solito aveva temporaneamente abbandonato i romanzi per scrivere quell’improbabile manuale, farcito di notizie inventate sul momento senza nessun riferimento e senza nessuna fonte. Vi erano citati esempi di persone famose che avevano avuto problemi di memoria, ma erano tutti morti e sepolti da secoli quindi nessuno si sarebbe lamentato se non era vero. Le basi teoriche erano descritte come non meglio specificati “studi delle università americane”, insomma il libro era il risultato di un delirio dell’autore scritto per di più al freddo perchè gli avevano staccato il gas e sotto l’effetto dell’alcol bevuto per scaldarsi, a forza di bicchieri della vodka del discount.

Il giorno della presentazione ufficiale del Vocal-dog, piazza della Vittoria era invasa da persone provenienti da ogni parte del mondo. Il sindaco Maltagliati, in piedi su un palco costruito a forma di pagoda dalla ditta giapponese apposta per l’occasione, dispensava sorrisi come se l’apparecchio l’avesse inventato lui, offrendo il profilo migliore ai giornalisti e ai fotografi e facendosi ritrarre abbracciato al capo dello stato, giunto da Roma per l’occasione. Molti erano accorsi con i loro cani, sperando di essere sorteggiati tra i fortunati che avrebbero potuto fare la prova con il Vocal-dog quel giorno stesso. Tutti avevano lasciato i loro dati a una serie di impiegate posizionate in un chiosco vicino a un ruscello, entrambi realizzati per l’occasione dalla ditta giapponese. Le impiegate avevano inserito i dati in un computer, e presto sarebbe stato il momento dell’estrazione. Giulio Maldi era riuscito a trovare un posto in seconda fila. Seduto con in braccio il suo Puki, un bassotto vecchissimo, sperava di sentirlo parlare almeno una volta e voleva chiedergli qual era il suo formaggio preferito. Per l’emozione si era anche dimenticato a casa il cappello, dal quale non si separava mai dopo avere scoperto sulla propria testa cosa fosse il taglio da Moicano.

Il sindaco iniziò il suo discorso dicendo «Oggi è un grande giorno per l’umanità e per la caninità», quindi mi sento di risparmiarvi il resto dell’orazione senza problemi, arrivando direttamente a quando lesse i nomi dei sorteggiati da uno schermo gigante.

«Il primo estratto è Marco Pisani, di Ferrara, con il suo cane Zimba»

Ci fu un grande applauso, Marco Pisani salì sul palco con il cane Zimba.

La seconda estratta è Amelie Lefebvre, di Bordeaux, con il cane Ziggy.

Anche loro salirono sul palco, seguiti da Luigi Gargiulo con il cane Igor e da Manuela Sacchi con il cane Pink Floyd. Mancava solo l’ultimo estratto. Giulio Maldi incrociò le dita, ma non fu fortunato. Venne sorteggiato Piermario De Luca, con il cane Tobia. Alessia non si era nemmeno accorta che suo marito avesse portato il cane alla manifestazione, ebbe un tuffo al cuore. Se il beverone realizzato secondo le istruzioni del libro di Giorgio Grungo non aveva funzionato, era una donna morta. Il momento di scoprirlo era arrivato più in fretta del previsto. Quando tutti i cinque sorteggiati furono sul palco con i loro amici a quattro zampe, alcuni addetti iniziarono a montare i Vocal-dog, applicandoli ai collari.

Poi il sindaco iniziò a parlare con i cani. «Avvicinatevi, cari amici cani», disse. I cani si avvicinarono. La gente in piazza diceva «oooh», con meraviglia e stupore. Fu Zimba a parlare per primo. Disse «Bau. Senti sindaco, prima che riprendi a dire altre cazzate, io parlo credo a nome di tutti noi. Sei un coglione, tu e tutti voi in piazza. Noi non abbiamo voglia di capire quello che dite. Quindi toglieteci queste cazzo di macchinette dal collo. Che oltretutto mi sta venendo un mal di testa assurdo da quando me l’avete messa. Voi non avete mal di testa?» chiese agli altri cani. «Dio uomo», disse Igor. «Di brutto» Tobia disse «Sì anch’io. Però prima di togliere la macchinetta volevo dire che la moglie del mio padrone è una troia e se la fa con tutti anche con quel tizio lì in seconda fila con i capelli assurdi che però ringrazio per il gorgonzola. Porca miseria fa troppo male la testa».

Dopodichè tutte le teste dei cinque cani scoppiarono all’unisono distribuendo materia grigia e ossa e denti e sangue e occhi addosso a tutti i presenti.

Era stato un difetto di fabbricazione, un modello difettoso, un incidente. Non sarebbe mai più accaduto, assicurarono i ricercatori. I soldi per completare il progetto con un modello nuovo non gli vennero mai stanziati, e il Vocal-dog venne abbandonato. Alessia De Luca divorziò dal marito e iniziò a recitare in film pornografici. Sì, anche con i cani, lo so che qualcuno se lo stava chiedendo. Il sindaco Maltagliati perse un occhio perchè un dente di Pink Floyd gli si fiondò nella cornea come un missile. Giorgio Grungo, che era presente anche se non aveva un cane, scrisse un romanzo sugli eventi di quel giorno. Vendette quarantaquattro copie, il suo record. Giulio Maldi, ancora oggi, si domanda se il suo bassotto preferisca il gorgonzola o il provolone o chissà, forse la mozzarella.

Il panerone?

Il primo sale?

Il taleggio, può essere.

Però mangia volentieri anche lo sbrinz.

E il pecorino.

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P.S. qui di riferimenti a Kurt Vonnegut ce ne sono diversi. E sono tutti voluti.